Un raggio di sole per te
Fotografato in 4/3, nello strepitoso bianco e nero, ricco di contrasti di luce quasi espressionisti (riflettenti l’inquietudine psicologica delle protagoniste), che è l’unico elemento esteticamente davvero degno di nota del film – anche se, in alcuni momenti, può risultare estetizzante, da spot – Ida del talentuoso Pawel Pawlikowski è un film manierista e quindi postmoderno, che corre il rischio di risultare un freddo ricalco senza passione, ipercontrollato, poco coraggioso.
Sin dalle prime immagini, si comprende che la cura rigorosa delle inquadrature, geometriche e piuttosto spoglie a livello del profilmico – la figura umana a volte è assente, tagliata o imprigionata in campi lunghi rari da trovare nel cinema contemporaneo −, predomina sui dialoghi, che non risultano “ad effetto”, né americaneggianti. Inoltre, la musica extradiegetica è presente solo in tre scene-chiave: quando si scopre chi ha ucciso i genitori di Ida, quando le due protagoniste lasciano in auto il cimitero e quando Ida… non conviene spoilerare. La ricerca di un certo realismo, dunque, è evidente, considerando anche che i movimenti di macchina sono davvero limitati. Nella Polonia senza sole dei primi anni Sessanta, nella luce fredda e grigia, in una natura inospitale, le due donne dalle personalità opposte e contrastanti, la timida novizia Ida e sua zia Wanda, che tra il ’51 e il ’52 è stata un procuratore importante nei grandi processi pubblici ai “nemici del popolo” e ora passa le serate a ubriacarsi con degli sconosciuti, si muovono alla ricerca della tomba dei genitori della ragazza, ebrei di cui non si conosce bene la sorte. Nel terzo e ultimo atto c’è una svolta narrativa inaspettata, che sembra affrettata e non ben giustificata, a maggior ragione che nelle parti precedenti l’ossessione per la credibilità era alla base del realismo del film. Il soggetto forte e violento diventa un film minimalista anche nella narrazione, ogni tanto ravvivata da simbolismi espliciti da film noir/thriller hitchcockiano – le scale a chiocciola che Ida sale o scende per accedere a “luoghi di perdizione” come la casa di Wanda o la sala da ballo dell’albergo, dove il sassofonista a cui le due donne hanno dato un passaggio suona Coltrane -, o da cinema nordico del trascendente – il raggio “divino” che illumina il volto puro di Ida, in un bellissimo primo piano. Con un altro lungo primo piano di Ida si conclude il film, in un finale aperto che lascia un po’ interdetti.
Ida [id., Polonia/Danimarca 2013] REGIA Pawel Pawlikowski.
CAST Agata Trzebuchowska, Agata Kulesza, Adam Szyszkowki, Dawid Ogrodnik.
SCENEGGIATURA Pawel Pawlikowski, Rebecca Lenkiewicz. FOTOGRAFIA Lukasz Zal, Ryszard Lenczewski. MUSICHE Kristian Eidnes Andersen.
Drammatico, durata 80 minuti.