Ghostbusters oggi
Trent’anni di Ghostbusters, due episodi cinematografici, tre serie animate, diversi videogiochi e un’infinità di oggettistica che va dalle action figures ai giochi in scatola. Questa è l’eredità dalla serie iniziata nel 1984. Ghostbusters, fin dalla prima ora, è diventato un fenomeno di massa, un successo della cultura pop anni ottanta di cui la pellicola dimostra di essere già consapevolmente prodotto, mostrando gli acchiappafantasmi come delle icone.
Copertine di USA Today, Larry King ne parla e lo spot televisivo We are ready to believe you. Nella pellicola i Ghostbusters inventano un’offerta in un mercato che precedentemente non aveva mai avuto domanda, ma – ancora più importante – essi sono un fenomeno culturale per ciò che fanno. Tutto nel film di Reitman serve a creare un background iconografico: il divieto posto sopra il fantasmino, la Cadillac bianca Ecto 1, perfino la pertica sulla quale scivolano, sono tutti elementi già connotati per esser rimaneggiati e diventare simboli identificativi dell’attività degli acchiappafantasmi. Proprio in questo il contenuto della pellicola rispecchia perfettamente l’intenzione e la riuscita dell’operazione stessa: mettere in scena un prodotto della cultura di massa per diventare essa stessa un prodotto culturale di massa. Allora non c’è solo ironia quando il Dio sumerico Gozer diventa l’omino dei marshmallow, passando inconsapevolmente da essere divino a impersonare un testimonial pubblicitario. Ghostbusters visto oggi, com’è giusto che sia, porta con sé lo spirito di un cinema che è sì specchio del suo decennio, ma ne è anche l’effetto che ne manifesta tutti i limiti. Dietro alla massificazione dell’immaginario pop c’è la cattura dell’effimero e dell’inconsistente proprio degli anni ottanta. In questo non si vuole trovare una criticità ideologica nella pellicola, che rimane un gioiello della fanta-commedia, ma invece è necessario per vederne lo stato d’invecchiamento, nonostante il successo sostanzialmente inalterato. È proprio il suo protagonista più effimero e cazzone, il dottor Venkman di Bill Murray, ad apparire sinceramente ridimensionato, soprattutto in confronto agli eterni geek Egon e Ray, ma anche dal pragmatismo dell’ultimo arrivato Wiston. Il menefreghismo di Venkman è stato di sicuro uno degli elementi più riconoscibili di Ghostbusters, ma anche tra quelli più ripresi e rimaneggiati in questo tempo; ad uso e consumo di una comicità (come quella seriale) che ha trovato nel cinismo superficiale il modo di raccontare una data realtà. Del resto era impensabile che in trent’anni una pellicola non fosse vittima, anche in minima parte, del tempo, ma ciò che però più rimane è la freschezza di un’idea geniale, e di quando Hollywood sembrava essere ancora in grado di generare da sola dei fenomeni culturali di massa.
Ghostbusters – Acchiappafantasmi [Ghostbusters, USA 1984] REGIA Ivan Reitman.
CAST Bill Murray, Dan Aykroyd, Sigourney Weaver, Harold Ramis.
SCENEGGIATURA Dan Aykroyd, Harold Ramis. FOTOGRAFIA Lázsló Kovács. MUSICHE Elmer Bernstein.
Commedia/Fantascienza, durata 100 minuti.