Mi sintonizzo con Dio, è la frequenza giusta
Il film, che mostra un’immagine sconcertante – per chi guarda – dell’Italia meridionale più arretrata, non giudica, non pontifica, si limita a raccontare, riuscendoci dignitosamente.
L’assenza di musica extradiegetica rivela la chiara intenzione di Alice Rohrwacher di spogliare la materia filmica di ogni inutile orpello. Corpo Celeste è focalizzato quasi interamente sulla protagonista e lo spettatore condivide il punto di vista, l’ottica estraniata, lo spaesamento di Marta, solitaria e timida, tornata a Reggio Calabria con la madre e la sorella, dopo dieci anni in Svizzera.
L’impatto con la nuova realtà è tutt’altro che facile: alle difficoltà tipiche della crescita adolescenziale e alla rivalità con la sorella gelosa si aggiungono l’ignoranza, il razzismo diffuso, la mancanza di veri valori, che caratterizzano familiari e conoscenti. La cuginetta di pochi anni è già sulla buona strada per diventare un’aspirante velina. La zia non compra più il pesce del Mediterraneo perché i “clandestini”, i “marocchini” che vi affogano, lo rovinano.
La parrocchia dove Marta segue le lezioni di catechismo per la cresima, ha un prete, don Mario, interessato solo a raccogliere voti elettorali per il suo candidato e a fare carriera altrove. La catechista, Santa, è una fanatica che insegna ai ragazzi canzoncine idiote e non esita a schiaffeggiare Marta, per reprimerne la capacità di giudizio critico, l’indipendenza di pensiero. Quando la donna viene a sapere che don Mario vuole lasciare la parrocchia, esclama, preoccupata: “Chissà chi mandano al posto vostro, magari uno di quei preti stranieri”.
Marta può solo osservare l’ambiente che la circonda, salendo sulla terrazza del suo palazzo e guardando i coetanei che giocano nella fiumara, adibita a discarica. Nel finale aperto, ma inevitabilmente liberatorio, li raggiunge, con il vestito della cresima indosso, e scopre ironicamente che il vero miracolo è la coda di una lucertola ancora in movimento, staccata dal corpo.
Corpo Celeste [id., Italia/Svizzera/Francia 2011] REGIA Alice Rohrwacher.
CAST Yle Vianello, Salvatore Cantalupo, Anita Caprioli, Renato Carpentieri.
SCENEGGIATURA Alice Rohrwacher. FOTOGRAFIA Helene Louvart.
Drammatico, durata 100 minuti.
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