La famiglia degli orrori
La paciosa e perbenista cittadina di Suburbicon, fittizia località di provincia nell’America anni ’50 popolata solo da famiglie bianche, viene turbata dall’arrivo di tre nuovi cittadini, i Meyers, apparentemente uguali a tutti gli altri abitanti, tranne un “piccolo” dettaglio: sono afroamericani.
La novità farà esplodere il razzismo latente della piccola comunità, totalmente ignara che il male è ben presente e radicato a Suburbicon, ma non si annida nella casa dei Meyers, bensì in quella – a un solo giardino di distanza – di una delle tante “perfect family” bianche: i Lodge. Le vicende, raccontate in parallelo, avranno entrambe un crescendo di violenza e follia, per comporre il tragicomico ritratto di un’America di provincia razzista, ipocrita e avida. Suburbicon, il sesto film da regista di George Clooney è un riuscito connubio di generi (giallo, commedia nera, film di denuncia) e ha il suo punto di forza nella brillante sceneggiatura dei fratelli Coen (scritta originariamente nel 1986), capace di mettere alla berlina personaggi la cui abiezione è superata solo dall’inettitudine con la quale perseguono i loro scopi. All’interno di una storia che a tratti ricorda Fargo, pur se con un’ironia meno spiccata, Clooney mantiene il gusto per la dark comedy dei Coen, temperandolo con la sua anima politicamente corretta e socialmente impegnata riconoscibile nel continuo parallelismo (un po’ manicheo) tra la famiglia degli orrori dei Lodge e gli sfortunati Meyers, oltre che nell’ottimistica inquadratura finale, un augurio stridente anche nel rimando a ciò che accade negli Stati Uniti odierni. Clooney si conferma regista dal respiro classico, con uno stile invisibile al servizio di storia e personaggi, e costruisce la tensione gradualmente, fino al concitato finale nel quale abbondano sangue, colpi di scena e l’umorismo caustico e beffardo tipico dei Coen. Classicamente coeniana è anche la caratterizzazione dei personaggi, esseri umani ordinari eppure capaci, quasi loro malgrado, di ogni tipo di efferatezza. Azzeccate le scelte di cast, in cui spiccano ovviamente i due protagonisti, Matt Damon e Julianne Moore: il primo, da sempre incarnazione dell’uomo medio statunitense, si cimenta in uno dei rari ruoli negativi della lunga carriera, la seconda dà sfoggio di bravura nel dipingere le due gemelle Rose e Margaret, con il dettaglio hitchcockiano della capigliatura biondo platino, trait d’union feticista tra sorelle e “campanello d’allarme” (come direbbe l’investigatore assicurativo interpretato da Oscar Isaac) per l’immagine rassicurante di una famiglia dove i mostri sono veri e non si nascondono negli armadi o sotto i letti quando cala il buio.
Suburbicon [Id., USA 2017] REGIA George Clooney.
CAST Matt Damon, Julianne Moore, Oscar Isaac, Glenn Fleshler, Diane Dehn.
SCENEGGIATURA Joel Coen, Ethan Coen, George Clooney, Grant Heslov. FOTOGRAFIA Robert Elswit. MUSICHE Alexandre Desplat.
Drammatico/Commedia/Giallo, durata 104 minuti.
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