Il cinema italiano visto da Milano, XI edizione, 5 – 14 aprile 2013, Milano
Il circo delle vanità
Presenze mostruose attraversano i sentieri di un bosco. Simili a mummie riemerse da oscurità profonde, si inoltrano nella penombra di una vegetazione immobile e silenziosa. Solo all’apparenza esseri ultraterreni, sono simulacri di identità perdute, versioni “aggiustate” di corpi e volti dall’umanità relegata ai contorni delle forme.
Torna al gioco delle contaminazioni, Pappi Corsicato. Imbocca il sentiero dell’ibridazione dei generi e costruisce una critica sociale dalle cromie tenui ma, allo stesso tempo, disturbanti, la cui verità va ricercata (come sempre nei film del regista amante della videoarte) oltre le dinamiche lineari della storia, oltre le categorie di identificazione delle immagini. “Del fatto in sé mi importa poco. Ciò che più mi preme è lavorare sugli elementi del linguaggio filmico – fotografia, montaggio, messa in scena interna all’inquadratura – per creare delle atmosfere che “dicano” tutto ciò che sta sotto la superficie degli avvenimenti e delle relazioni”. Un comandamento estetico che è diventato il fil rouge di un cinema che guarda alle derive e alle contraddizioni, cibandosi (beffardamente) di surrealtà e finendo per sposare l’alterazione dei codici narrativi e rappresentativi come unica scelta visiva possibile. La conduttrice/star Bella (di nome e di fatto, avendo le sembianze di Laura Chiatti), per sopravvivere nell’universo-tritacarne dei reality televisivi, complici un “provvidenziale” incidente e il viscido consorte Renè (Alessandro Preziosi, ossigenato e dal vezzo fascinoso e arrivista), cede alle lusinghe della furbizia e dell’inganno: si farà ricostruire il volto sfigurato in diretta, dandosi in pasto all’audience e alle telecamere, cavia sacrificale di un’avidità narcisistica senza confini. Poco o quasi nulla andrà come nelle intenzioni della coppia ma ciò che più conta è che la vita, più che essere tutta un film, rispecchia la patina insulsa delle “realtà” da spot: emozioni declassificate ad automatismi, annullamento della dialettica delle imperfezioni, capacità critiche sepolte sotto un cumulo di omologanti luoghi comuni. Un repertorio raccapricciante di anti-valori che risucchia il colore dalle cose (il simbolismo delle sequenze in bianco e nero), parcellizza l’essere umano (le infermiere rappresentate come parti per un tutto), fomenta sensazionalismi e stupidità. Un volto societario deformato e deformante, incapace di riconoscersi ma disposto a tutto per non morire sotto il massacro dei suoi continui “aggiustamenti” fisici e morali. Trasuda sarcasmo, quindi, quel “geniale!” conclusivo che segna l’ingresso stonato della verità nel regno del “va-bene-tutto” e dell’ “appaio-quindi-sono”. Seguirà, ineluttabile, il tempo dei sollievi e delle becere ilarità. E i rimorsi? I sensi di colpa? Solo ingannevoli preludi al cambiamento, chimere brucianti nel vuoto pneumatico di un mondo anestetizzato.
Il volto di un’altra [Id., Italia 2012] REGIA Pappi Corsicato.
CAST Laura Chiatti, Alessandro Preziosi, Lino Guanciale, Iaia Forte, Angela Goodwin.
SCENEGGIATURA P. Corsicato, Monica Rametta, Gianni Romoli. FOTOGRAFIA Italo Petriccione. MONTAGGIO Cristiano Travaglioli.
Commedia/Grottesco, durata 84 minuti.