Gilda, malinconica narratrice di sé e di un mondo
“I vicini sorridono/dalle finestre del loro vicolo […]. Le femminucce del sud/cantano sulle terrazze sul tetto!”, questo è il verso di Canción del Mariquita di Federico García Lorca da cui ha preso ispirazione Enric Ribes Reig per il suo Singing on the Rooftops, anteprima nazionale in programma al Pordenone Docs Fest (29 marzo – 2 aprile 2023).
Quello di Ribes Reig è un ibrido tra documentario e finzione che segue la leggendaria drag queen spagnola Gilda Love, una vera e propria icona della Barcellona underground, trasgressiva e selvaggia, ormai quasi estinta, mentre vive al Raval, un quartiere della Ciutat Vella.
Nata con il nome di Eduardo, da molti anni è Gilda; durante le sue esibizioni, si racconta con struggente malinconia, ricorda il passato, da quando ha visto la luce e ha preso in eredità l’anima di quella gemella con cui ha condiviso solo il grembo. Portando addosso le difficoltà di una famiglia d’origine che non l’accettava, narra le gioie di un corpo e di un mestiere tanto amati e mostra il suo presente in cui deve affidarsi all’aiuto dei vicini perché è difficile vivere con un’esigua pensione. Il suo appartamento è un piccolo mondo antico fatto di ricordi e sogni, pieno di immagini di star di Hollywood come Rita Hayworth da cui nasce il suo nome. Gilda è ancora legata a quelle assi di legno, calcate da sempre su cui vuole continuare a lavorare e esibirsi, stando lontana dalle case di riposo in cui vivono alcuni amici, appartenenti alla sua stessa comunità, che sono dovuti fuggire da una società che spesso estromette e ghettizza. Tutto si fa ancora più delicato e tenero quando Gilda accoglie tra le sue braccia una bambina di tre anni, Chloe, i cui genitori stanno attraversando un periodo complesso. Con lei crea una famiglia, come ama fare con chiunque incroci la sua vita.
Singing on the Rooftops è un film molto umano, che intesse un profondo dialogo di sentimenti in cui Gilda è una vera sopravvissuta a un periodo storico, a una famiglia che non l’ha capita. È una poesia con soggetto una performer assurta a simbolo di dignità e uguaglianza, tolleranza e libertà, teneramente caparbia nel voler ancora indossare un paio di tacchi, una parrucca e conquistare il pubblico. Ribes Reig realizza un’opera neorealista e fiabesca, agrodolce e gentile, dedicata a una persona, testimone e protagonista di un tempo irripetibile, che si fa messaggio per un’intera comunità, quella LGBTQI+, ma anche per tutti: non ci si deve nascondere.