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Lei mi parla ancora

sabato 24 Luglio, 2021 | di Eleonora Degrassi
Lei mi parla ancora
Festival
1

L’amore oltre la morte
Giuseppe (detto Nino) e Caterina (detta Rina) sono sposati da sessantacinque anni e si amano profondamente. Alla morte di Rina, la figlia Elisabetta, nota editrice, assume un ghost writer con il compito di scrivere un romanzo sulla vita dei genitori ascoltando i ricordi del padre, in modo da aiutarlo a superare la perdita della moglie. Lo scrittore accetta il lavoro per ragioni economiche e nella speranza di veder pubblicato il suo romanzo, ma nel tempo, nel raccogliere storie e memorie per il libro, il rapporto tra i due diventa sempre più profondo.

Luoghi, oggetti, ricordi e parole. Dalla morte di Rina, nulla sembra avere più senso per Nino. Percepisce la sua mancanza e non riesce a trovare pace. Se l’erano promesso il giorno del matrimonio (“se mi amerai saremo immortali”): sarebbero stati insieme per sempre. L’amore intenso ed eterno, i giuramenti, la memoria sono questi i protagonisti della parabola poetica, biografica e autobiografica di Giuseppe Sgarbi e Rina Cavallini, genitori di Elisabetta e Vittorio, che Pupi Avati ha portato nel film Lei mi parla ancora, il suo ultimo lavoro.

Il regista ha adattato l’omonimo libro di Giuseppe Sgarbi, dedicato all’amore per sua moglie scomparsa a 89 anni, nel 2015, tre anni prima di lui, ed edito prima da Skira, poi da La nave di Teseo, assieme ad altre sue opere, con l’aggiunta del sottotitolo Memorie edite e inedite di un farmacista. Infatti l’opera è anche la narrazione sulla genesi di un memoriale. Rina è un pensiero continuo per Nino, un fantasma dei tempi andati, del cineforum all’aperto in cui proiettavano Il settimo sigillo di Ingmar Bergman, delle mani intrecciate per sorreggersi e sorreggere che invecchiano sullo schermo per testimoniare gli anni trascorsi insieme. Avati fa carne l’eterna dicotomia eros e thanatos, scava nell’etimologia poco probabile ma affascinante di amore come a-mors in cui quell’alfa privativa sta ad indicare il superamento della morte e la conseguente immortalità di chi ama. “L’uomo mortale, non ha che questo d’immortale. Il ricordo che porta e il ricordo che lascia”; in queste parole, donate a Pupi Avati da Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese, c’è tutta la struggente malinconia di chi resta e tutta la dolce consolazione di chi è consapevole che esiste un luogo in cui quel passato sarà eterno presente. Il regista gioca con gli anni ’50 che lui conosce bene, e con l’oggi per narrare una storia d’altri tempi o forse senza tempo. Si legano i piani di un mondo che nel protagonista convivono: Nino e Rina, all’inizio giovani, innamorati, sposi, genitori, sempre insieme sulle sponde del delta del Po emiliano-romagnolo, poi anziani abitanti di quell’ultima notte prima del distacco definitivo e, infine, lui a fare i conti con l’assenza e con quel ricco e corposo bagaglio, preziosa cronoteca dei giorni che furono. Avati intercetta storie e personaggi, fa combaciare varie dimensioni, mette in comunicazione vivi e morti, sogno e veglia, calcando quelle “soglie” che tanto ama. Lei mi parla ancora è un racconto di un racconto d’amore, una storia di memorie che diventano parole scritte, è un viaggio al termine della vita in cui la perseverante presenza della moglie e il dialogo tra Nino e Rina rendono partecipi di qualcosa di intimo e speciale, un legame strettissimo i cui frammenti custoditi dal marito vengono alla luce. Affinché non si perdano Nino e i suoi ricordi, la figlia Elisabetta pensa ad una cura che lo faccia stare meglio: raccontarsi. A questo serve il ghost writer Amicangelo che riesce, nonostante le differenze, a creare un rapporto con l’uomo e a rendere così esponenzialmente immortale un amore che lo era “solo” per i due protagonisti. Lei mi parla ancora vive di ricordi che si fanno parole, Avati narra il “per sempre” in modo doloroso e nostalgico grazie ad un Renato Pozzetto tenero e perso, aedo di un amoroso memoriale profondamente umano.

  • Regia: Pupi Avati
  • Soggetto: Giuseppe Sgarbi
  • Sceneggiatura: Pupi Avati, Tommaso Avati
  • Fotografia: Cesare Bastelli
  • Montaggio: Ivan Zuccon
  • Scenografia: Giuliano Pannuti
  • Costumi: Beatrice Giannini
  • Musiche: Lucio Gregoretti
  • Produzione: Bartlebyfilm, Vision Distribution, in collaborazione con Duea Film
  • Distribuzione: Vision Distribution, Sky Cinema
  • Origine: Italia 2021
  • Durata: 100’
  • Premi: Nastri d’Argento (2021) Nastro d’Argento speciale 75 (Renato Pozzetto); Milazzo International Film Festival (2021) Premio Migliore Lungometraggio, Premio Migliore Regia (Pupi Avati)
  • Interpreti: Renato Pozzetto (Giuseppe “Nino” Sgarbi), Stefania Sandrelli (Caterina “Rina” Cavallini), Lino Musella (Nino da giovane), Isabella Ragonese (Rina da giovane), Chiara Caselli (Elisabetta Sgarbi), Matteo Carlomagno (Vittorio Sgarbi), Fabrizio Gifuni (Amicangelo), Nicola Nocella (Giulio), Serena Grandi (Clementina), Alessandro Haber (Bruno), Giulia Elettra Gorietti (Marta), Gioele Dix (Agente letterario), Romano Reggiani (Rino Fenzi), Filippo Velardi (Bruno da giovane), Julia Princigalli (Gioia, figlia di Amicangelo)

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