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Miss Marx

sabato 24 Luglio, 2021 | di Chiara Checcaglini
Miss Marx
Festival
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I’m enough, I want more
La vita adulta della figlia minore di Karl Marx, Eleanor (detta Tussy), che dopo la morte del padre, nel 1883, si impegna a proseguire la diffusione del pensiero paterno e contemporaneamente a sviluppare una sua visione, che mette al centro della pratica politica i diritti dei lavoratori ma anche quelli delle donne, il suffragio universale e il diritto all’istruzione. Ma alla sua lucidità filosofica non corrisponde un’equivalente lungimiranza nel privato: Eleanor è anche invischiata in una relazione con il commediografo e attivista Edward Aveling, un uomo disonesto e problematico.

Con Miss Marx Susanna Nicchiarelli prosegue la sua esplorazione della vita di figure femminili del passato che siano in grado di risuonare nel presente: per significare il fragore e l’unicità con cui Eleanor Marx incede nel suo tempo, la regista sceglie una colonna sonora incongrua, in cui spiccano i brani punk dei Downtown Boys.

In effetti questo sguardo biografico sulla vita di Eleanor è inscritto nella contraddizione, nel contrasto tra un’intelligenza contemporanea e versatile, un’appassionata capacità di analisi delle ingiustizie e delle conseguenti soluzioni, e l’incapacità di svincolarsi dal legame sbilanciato con un uomo egoista e indolente. Proprio questa contrapposizione ci riporta continuamente all’evidenza: per quanto brillante e innovatrice, Tussy è una donna imbrigliata nel suo tempo e nonostante le aspirazioni, l’intelligenza, l’identità di erede naturale di Marx, non ha potuto affrancarsi del tutto dal ruolo di cura in cui il padre ha cercato di relegarla, come lei stessa ricorda con rabbiosa consapevolezza in un momento del film – e come è evocato dalla presenza costante di Engels, fino alle rivelazioni familiari, che danno un ulteriore scossone all’idealizzazione dell’ingombrante genitore.

Perfettamente in grado di individuare nel controllo patriarcale, di padri e mariti, il peso primario che grava sull’emancipazione delle donne, Eleanor ha comunque subìto e introiettato le conseguenze della discriminazione di genere, che finisce per esprimersi nell’incapacità di affrancarsi dalla relazione insidiosamente tossica con il compagno di vita Edward. Una chiave di lettura è offerta dalla sequenza metatestuale del dialogo tratto da Casa di bambola di Ibsen, recitato da Eddy Tussy, che per un attimo sembra illuminare la sua stessa condizione, prima di rivelarsi come finzione scenica. In una conversazione successiva, che coinvolge la scrittrice Olive Schreiner, la disamina di Ibsen è contrapposta alla letteratura “da eroina romantica” alla Madame Bovary, in una cupa anticipazione del finale: tra questi due poli, la limpidezza ideologica e l’abilità di lettura del contemporaneo da un lato, e l’accettazione passiva della sofferenza sentimentale dall’altro, si muove Eleanor, senza trovare il modo di trasferire il suo agire risoluto dalla vita pubblica in quella privata, proprio lei che fa della prassi il fine del suo pensiero filosofico.

Seguendo questa doppia prospettiva, il film si sviluppa in una successione di situazioni importanti e momenti rivelatori nel percorso di Eleanor, sacrificando inevitabilmente parte del discorso storico-politico e della militanza (richiamati da stralci dei suoi scritti recitati con sguardo in macchina da Romola Garai, e da inserti di repertorio) per includere il versante emotivo, dallo slancio romantico alla lenta disfatta annunciata. Il compito di cucire visivamente la successione di “quadri” in un insieme coerente è affidato in modo efficace all’attenzione particolare alla scenografia e ai colori, all’armonia visiva tra interni e costumi, che cambia al cambiare dei periodi e delle stagioni, sia letterali che interiori: al centro, la presenza espressiva di Romola Garai, capace di indossare gli abiti di una Eleanor concreta e vitale, malinconica e fiera, che ci ricorda come nei film ambientati nel passato il corpo dell’attore sia particolarmente determinante come dispositivo di coinvolgimento, nell’assorbire le atmosfere, gli spazi e i gesti quotidiani di un’epoca, e nel veicolarne il senso.

  • Regia: Susanna Nicchiarelli
  • Soggetto: Susanna Nicchiarelli
  • Sceneggiatura: Susanna Nicchiarelli
  • Fotografia: Crystel Fournier
  • Montaggio: Stefano Cravero
  • Scenografia: Alessandro Vannucci
  • Costumi: Massimo Cantini Parrini
  • Musiche: Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo, Downtown Boys
  • Produzione: Vivo Film, Tarantula, Rai Cinema
  • Distribuzione: 01 Distribution
  • Origine: Italia, Belgio 2020
  • Durata: 107’
  • Premi: David di Donatello (2021) Migliore costumista (Massimo Cantini Parrini), Migliore compositore (Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo, Downtown Boys), Miglior produttore (Marta Donzelli e Gregorio Paonessa per Vivo Film con Rai Cinema, Joseph Rouschop e Valérie Bournonville per Tarantula Belgique)
  • Interpreti: Romola Garai (Eleanor Marx), Patrick Kennedy (Edward Aveling), John Gordon Sinclair (Friedrich Engels), Felicity Montagu (Helen Demuth), Karina Fernandez (Olive Schreiner), Emma Cunniffe (Laura Marx), Philip Gröning (Karl Marx), Oliver Chris (Freddy)

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