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Bobby Fischer vs Bobby Fischer
L’abilità di Liz Garbus, affermata e innovativa autrice di documentari, sta nel prendere un fatto con un proprio universo spaziotemporale e portare l’analisi al di là di tempo e luogo, inserendo in essa la componente umanistica dei soggetti indagati.
Protagonisti non sono artisti osannati, celebrità, capi di stato, eroi della storia, piuttosto persone che hanno fatto la propria di storia attraverso azioni, ammirabili o criticabili non è importante. Dalla testimonianza di sei detenuti del più grande carcere di massima sicurezza in America (The Farm: Angola, USA), a quella di una condannata alla pena di morte (The execution of Wanda Jean), passando per la storia di un’ebrea che è riuscita a vincere contro la violenza di chi la voleva cancellare dalla faccia della terra (The Nazi Officer’s Wife), e l’elenco è molto fornito. Adesso è il turno del controverso campione di scacchi americano, Bobby Fischer, colui che ha saputo portare via il titolo di campione del mondo alla Russia durante il torneo del 1972 in Islanda, quasi la proiezione di una Guerra Fredda tra le due potenze. Ancora una volta la storia nota è presente, la sua rapida escalation verso la vittoria, la fama, il buio che segue, ma non è difficile relegarla in un secondo piano, una sorta di sfondo per il vero obiettivo della regista: l’uomo. Cosa veramente si nasconde dietro il mito di una persona rincorsa dal mondo, conosciuta da pochi, capita da nessuno? La complessità dell’essere umano. Egocentrico, determinato, irrazionale, imperscrutabile, terribilmente solo; incanta il mondo scompare per anni per poi tornare più impossibile che mai. Il suo indiscutibile talento finisce per portare nella quotidianità l’ossessione che ha per il gioco, sua unica ragione di vita, sua più grande maledizione, trasformata in paranoia, una nevrosi che lo rende folle, sospettoso, antisemita. Da quanto detto, il carattere del protagonista risulta talmente dilagante e opprimente che ritagliare lo spazio necessario per una regia riconoscibile sembrerebbe un’impresa impossibile. Invece si distingue la cura nel dettaglio, dall’amalgamare documenti datati con interviste fatte ad hoc intercalati da fotografie di Fischer, da quelle ufficiali ad altre più irriverenti, trovando una colonna sonora misurata, per descrivere entrando nei particolari senza essere indiscreta. Tralasciando il lato agonistico, la lettura si fa completa su quello umano, dal passato tormentato e influente per il futuro, all’ossessione per una partita contro il mondo o se stesso, che sgretola un genio controcorrente.