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Il prezzo della mutazione

giovedì 14 Aprile, 2011 | di Redazione Mediacritica
Il prezzo della mutazione
Festival
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FilmForum Udine/Gorizia 5-14 aprile 2011

Bruce Sterling
Pensate al terremoto catastrofico che ha recentemente colpito il Giappone, gettando un intero paese nell’abisso totale dell’incertezza: è questa l’immagine scelta da Bruce Sterling per rappresentare il repentino cambiamento dall’analogico al digitale che ha investito i media a partire dagli anni ’90.

Lo scrittore, a Gorizia per una lectio magistralis agli studenti del FilmForum, non si risparmia toni drammatici e definitivi, parlando della differenza tra media transition e media mutation: una transizione, spiega Sterling, presuppone un passaggio da un sistema stabile ad un altro; quella cui stiamo assistendo è, invece, una mutazione che ci conduce ad uno scenario del tutto instabile, travolgente e precario.
Proviamo a confrontare il sistema produttivo cinematografico tradizionale, dove un film è il risultato di una filiera di operazioni predeterminate, con il post cinema, che non segue una sequenza standard per creare un prodotto: secondo Sterling, il post cinema è un valido esempio della cosiddetta realtà aumentata, che lavora sul mondo reale aggiungendo, tramite dispositivi elettronici, degli elementi in maniera completamente casuale e imprevedibile.
Viviamo in un mondo dominato da un sistema di media disorganico e frenetico, che però, dice Sterling, non funziona: nessuno lo comprende davvero, nessuno lo controlla, ogni anno diventa sempre più complesso e ingestibile, e, nello stesso tempo, non è nemmeno reversibile. Assistiamo a una mutazione che non porta ad una vera evoluzione, né ad un progresso positivo, basti pensare all’enorme crisi economica globale e alla precarietà non solo dei media, ma della realtà stessa. Questa deriva caotica non è nemmeno documentabile, né, di conseguenza, analizzabile, perché gli strumenti e i linguaggi cambiano incessantemente senza lasciare tracce di sé; la più grande preoccupazione è che non saremo in grado, nel futuro, neanche di spiegare quello che sta succedendo oggi.
“Quel che il futuro saprà di noi è quello che decidiamo di conservare ora” è il monito di Bruce Sterling, che, oltre ad essere un autore importante di science fiction, è molto coinvolto in diversi progetti di archiviazione e conservazione digitale e di arte elettronica. Vista la difficoltà di preservare questi dispositivi sottoposti ad una continua trasformazione, è necessario compiere una scelta, perché “volendo conservare tutto si rischia di non conservare nulla”. Dal momento che gli apparati elettronici sono diventati quasi effimeri, l’atto dell’archiviazione stessa diventa una fondamentale operazione concettuale e critica, anche nell’accettare “la tristezza della perdita”, la consapevolezza che non è possibile salvare tutto dall’erosione del tempo.
D’altra parte, proprio perché viviamo in questa realtà estremamente mutevole e labile, dobbiamo imparare a convivere con questa instabilità, adattandoci a nostra volta, seguendo delle regole che non siamo ancora in grado di prevedere e comprendere. Nemmeno gli scrittori cyberpunk, movimento che Sterling ha fondato e teorizzato, sono dei veggenti, come spesso si pensa: la loro funzione, come intellettuali, è quella di essere in grado di vedere e sottolineare quanto, del futuro, è già presente oggi. Se ci meravigliamo della capacità che la letteratura fantascientifica ha di profetizzare i cambiamenti, è semplicemente perché non siamo in grado, o meglio, non vogliamo vedere quello che è già sotto i nostri occhi.
“Ognuno di noi, nell’era digitale, ha perso irrimediabilmente dei dati preziosi” spiega Sterling. “Ma, quando io cerco di portare l’attenzione sull’enorme pericolo che stiamo correndo, difficilmente vengo preso seriamente”. “Corriamo il rischio” conclude lo scrittore “di veder scomparire non solo i nostri ricordi personali, ma anche l’intera memoria collettiva. Questo sarebbe, davvero, un futuro apocalittico”.

Nicole Braida, Alice Cucchetti

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