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El abrazo de la serpiente

mercoledì 16 Marzo, 2016 | di Francesco Grieco
El abrazo de la serpiente
Festival
1
Voto autore:

34° Bergamo Film Meeting, dal 5 al 13 marzo 2016, Bergamo

I due mondi
È il bianco e nero dai forti contrasti la caratteristica più affascinante di El abrazo de la serpiente, film di Ciro Guerra presentato a Cannes nel 2015 che però non è solo una gioia per gli occhi, ma anche uno spaccato della complessa convivenza tra occidentali e autoctoni, e tra i diversi gruppi di abitanti, nell’area della foresta amazzonica.

Il colombiano Guerra, classe 1981, al terzo lungometraggio dimostra già una grande maturità, nell’adattare al mezzo cinematografico i diari di viaggio di due esploratori, Theodor Koch-Grünberg e Richard Evans Schultes (qui chiamato Evan), che in periodi diversi si sono inoltrati in territori selvaggi, mediacritica_el_abrazo_de_la_serpiente_290guidati dallo stesso indio guaritore, l’eremita cohiuano Karamakate. Entrambi gli avventurieri cercavano la yakruna, una pianta rara, dalle proprietà miracolose. Il primo ne aveva bisogno per guarire da una grave malattia, il secondo, dopo aver letto i diari di Koch-Grünberg, pubblicati in Germania, per studiarla in quanto botanico. Dunque, con i suoni della natura sempre in sottofondo, la struttura narrativa del film alterna, al montaggio, due diverse epoche, lontane quarant’anni, e permette così di osservare i cambiamenti avvenuti in Karamakate nel corso dei decenni. L’andirivieni temporale stabilisce anche un parallelismo tra i barbuti Theo ed Evan, tutti e due in difficoltà nell’adattarsi alla natura misteriosa e ostile del luogo. L’anziano Karamakate dice proprio a Evan “Sei due uomini”, mentre dichiara di sentirsi un “chullachaqui”, un doppio, vuoto e senza più ricordi, finché a un certo punto non gli torna la memoria. In più di un’occasione, emerge il disprezzo di Karamakate nei confronti della cultura occidentale, troppo violenta e mortuaria. Karamakate, infatti, invita entrambi gli uomini a cui fa da guida a liberarsi, fisicamente e metaforicamente, dei propri bagagli durante il viaggio. E apostrofa Theo con queste parole: “Sei tu il serpente, che porta la morte”. Il conflitto tra i due mondi viene esplicitato, in particolare, nella sequenza ambientata a Vaupés, presso la missione cristiana, dove il frate maltratta i bambini sottratti alle famiglie degli indios. Quando Karamakate vi fa ritorno, stavolta con Evan, in alcune tra le scene più visionarie del film (il ralenti dell’orgia, psichedelica almeno quanto le uniche immagini a colori, di forme astratte, come nel trip di 2001, verso il finale), riconosce la targa di Reyes e scopre che i bimbi, ormai adulti, passano il tempo ad autoflagellarsi e a venerare una sorta di incrocio tra Kurtz e Gesù, ovviamente bianco. “Adesso questi uomini sono il peggio di entrambi i mondi”, esclama sconsolato Karamakate.

El abrazo de la serpiente [Id., Colombia/Venezuela/Argentina 2015] REGIA Ciro Guerra.
CAST Nilbio Torres, Jan Bijvoet, Antonio Bolivar, Brionne Davis, Yauenkü Migue.
SCENEGGIATURA Ciro Guerra, Jacques Toulemonde Vidal (dai diari di Theodor Koch-Grünberg e Richard Evans Schultes). FOTOGRAFIA David Gallego. MUSICHE Nascuy Linares.
Drammatico/Storico, durata 125 minuti.

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