Premio Internazionale alla Migliore Sceneggiatura Cinematografica, Gorizia, 19-28 luglio 2012
Dal quadrato si può fare un cerchio?
Andrea Segre ha incontrato domenica 22 luglio il pubblico della 31° Premio Sergio Amidei di Gorizia, in occasione di ben due eventi: il primo inerente la presentazione del documentario Mare chiuso e il secondo per ritirare il Premio all’Opera Prima 2012, andato al film Io sono Li.
Le motivazioni per la consegna del premio sono state “per la sensibilità e la cura con cui il film ha affrontato il tema del lavoro migrante, per la precisione narrativa nel raccontare l’ambiente e i suoi personaggi, per la delicatezza con cui ha delineato i caratteri dei protagonisti, segnali complessivi di una maturità sorprendente per un esordio nel cinema di finzione”. A ritirare il premio sia Andrea Segre che lo sceneggiatore Marco Pettenello, che hanno sottolineato l’importanza di uno script che permette di lasciare spazio ad attori ed immagini. E ad una laguna veneziana che non sempre libera tutta l’acqua nel mare, come sottolinea la protagonista del film, lasciandone intrappolata un po’. Segre si è quindi ritrovato nella doppia funzione di documentarista e di cineasta di finzione, spiegando e raccontando aneddoti su come sono nate queste due opere, diverse nella dicitura, ma simili nel tema della migrazione-integrazione. Mentre Mare chiuso infatti riprende i fatti realmente accaduti a seguito degli accordi tra Gheddafi e Berlusconi del 2009, quando le barche dei migranti venivano intercettate nel Mediterraneo e ricondotte in Libia, Io sono Li racconta la storia della cinese Shun Li, costretta a lavorare in un bar di Chioggia pur di ottenere i documenti necessari affinché il figlio di otto anni la raggiunga in Italia. Il regista, nell’incontro tenutosi dopo la proiezione di Mare chiuso, ha ricordato la natura similare di due opere che pur utilizzando linguaggi cinematografici diversi testimoniano sofferenze comuni. Il documentario – continua Segre – “non racconta storie di qualcuno, ma con qualcuno”. Gli “attori” sono persone che hanno realmente vissuto quell’esperienza e hanno avuto la forza e il coraggio, capendone l’importanza, di conservare i video fatti sulle barche in un momento di assoluta incertezza, presente e futura. “E’ grazie alle loro testimonianze che si è potuto fare questo documentario, ma si è cercato comunque uno sviluppo narrativo, perché la storia era la loro”. Ma questa è anche la storia di tutti coloro che non ce l’hanno fatta, che assume anche un valore politico, principalmente perché è stata violata la Convenzione Europea del Diritti dell’Uomo. Ora infatti, grazie a molte organizzazioni umanitarie, il film verrà proiettato al fine di eliminare nuovi possibili respingimenti. E restituire speranza e dignità alle persone che, ingiustamente, l’hanno persa.