Il fascino grottesco di un incontro mai avvenuto
Lo sappiamo, Marco Ferreri è un unicum tra i cineasti italiani, non ha mai cercato il consenso del pubblico, men che meno della critica. È grottesco, beffardo, per l’élite “intellettuale” addirittura “sciatto” – ma di una sciatteria per dirla come Bertolucci “colpevole, elegante, eversiva, irriverente”.
I film del regista sono un pugno nello stomaco, si pensi a La donna scimmia, Una storia moderna, Dillinger è morto, La grande abbuffata, affluenti di uno stesso fiume corrosivo e decadente. L’udienza si immette nello stesso bacino: al centro c’è un giovane, Amedeo, un lunare Enzo Jannacci, che vuole parlare col Papa. Il pubblico, quello dell’Italia ‘70, all’alba degli anni di piombo e del terrorismo, rimane spiazzato, deluso, impacciato e turbato da quella storia “kafkiana” – Il castello e Il processo -, violenta e blasfema. Siamo lontani dall’attentato al Papa, dal Santo Padre social e “pop” che si affaccerà anni dopo su Piazza San Pietro. Uno dei livelli di lettura è quello religioso: la Chiesa, con tutte le sue crepe e piaghe, la burocrazia, la gerarchia, la corruzione. Con un volo pindarico si pensa, trainati da Michel Piccoli, alla critica ironica e all’atmosfera moderna, irreale e disincantata dell’Habemus Papam di morettiana memoria, anch’esso anticipatore di un gesto epocale che cambierà la Storia. Vi è poi un altro piano, quello politico: l’atmosfera è quella asfittica, mortifera di una stagione dolorosa, inquieta e persa. Il Potere – rappresentato da Aureliano Diaz, ambiguo, ipocrita e malsano funzionario di polizia, interpretato da Tognazzi che forse proprio con Ferreri raggiunge uno dei picchi più alti della carriera – c’è, è presente, ma è corrotto e perso. Amedeo è il fedele confuso che vaga avanti e indietro, alla ricerca della sua udienza. Qui si aggancia il terzo livello di lettura, quello psicanalitico: il Papa è il padre e quello del giovane è un cammino alla ricerca della figura paterna. Amedeo, invasato dal “Dio in Terra”, si trova irretito in un mondo viziato e circolare (come la costruzione del film), nero, come i suoi colori, in cui il protagonista non riesce a trovare la propria dimensione, da cui non è rispettato e che non rispetta – il rapporto con l’amante Aiche interpretata da Claudia Cardinale ne è testimonianza. Su questa Terra l’uomo cade, soccombe; unica brezza di pietà cristiana che per un attimo avvicina l’individuo/figlio di Dio/padre sono le parole di Papa Giovanni XXIII, figura cara a credenti e non: “Date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa”. L’udienza di Ferreri con il suo riso amaro è un racconto implacabile e spietato del carnale e dello spirituale, degli schiaffi e delle carezze, dell’alienazione e della solitudine, racconto che turba e non lascia in pace.
L’udienza [Id., Italia/Francia 1971] REGIA Marco Ferreri.
CAST Claudia Cardinale, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, Michel Piccoli, Enzo Jannacci.
SCENEGGIATURA Marco Ferreri, Dante Matelli. FOTOGRAFIA Mario Vulpiani. MUSICHE Teo Usuelli.
Drammatico, durata 112 minuti.