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London Film Festival 2014: conclusioni

sabato 18 Ottobre, 2014 | di Marta Corato
London Film Festival 2014: conclusioni
Festival
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BFI London Film Festival, 8 – 19 ottobre 2014, Londra

Una scelta impossibile
C’è una ragione se quella del festival di Cannes viene chiamata una “selezione ufficiale”: la selezione c’è stata. I film che vengono presentati sono non solo in gran parte novità assolute, ma anche uno spaccato curato e pensato dell’offerta cinematografica dell’anno.

La strategia del London Film Festival è stata, almeno fino a qualche anno fa, quella di raccogliere i preferiti delle altre rassegne e metterli in mostra per due settimane. Poi il festival è esploso. Non nel senso che è diventato famoso, ma che si è compiuta una trasformazione da un’organizzazione “geografica” dell’evento – film divisi per continenti e Stati – a una tematica. La scelta già ampia è diventata ancora più libera alle interpretazioni dei programmatori.mediacritica_bfi_2014 Il festival? Quasi impossibile da apprezzare nella sua interezza. Eventi come la prima mondiale di Serena di Susanne Bier sono stati surclassati dai mille gala e prime di film che erano già stati sotto i riflettori ad altri festival – Mommy di Xavier Dolan, Whiplash di Damien Chazelle, Foxcatcher di Bennett Miller per citarne alcuni. Non è bastato neanche l’arrivo a sorpresa dell’attrice del momento Jennifer Lawrence. L’unico aspetto del London Film Festival che non fallisce mai – e ci mancherebbe altro – è quello di presentare una selezione di novità del cinema britannico. Nella competizione ufficiale troviamo The Duke of Burgundy di Peter Strickland, che si può solo descrivere come incredibile e imperdibile, e The Falling, la nuova opera di Carol Morley, in equilibrio tra realismo e surreale, che ha suscitato reazioni diametralmente opposte nella critica. Presentati rispettivamente nella selezione dei gala e nella competizione per le opere prime, Testament of Youth e ‘71 riprendono il gusto British mai andato fuori moda del guardare alla propria storia e rimuginare. Il primo, presentato per la prima volta al LFF e ricevuto in maniera non proprio eccezionale, è tratto da una storia vera svoltasi durante la Prima Guerra Mondiale. Il secondo, un thriller ambientato nella Belfast dei primi anni ‘70 e già ben accolto in Berlinale all’inizio dell’anno, è da recuperare a tutti i costi. Mentre è sempre difficile vedere tutto, anche per un critico che passa la giornata al buio della sala, la mia sensazione a poche ore dalla fine del LFF è di non aver visto niente, pur avendo assistito a più di quaranta film nello spazio di qualche giorno. Nonostante la mia schiena e le mie gambe siano martoriate dalle poltroncine più scomode di tutto il Regno Unito, ho visto solo una frazione dell’offerta del LFF e, soprattutto, ho visto tanti film mediocri o evitabili. Solo i numeri ci diranno se una scelta così vasta ha avuto un’utilità, se non altro nell’attirare più spettatori; un dato che si può già constatare è quello che ogni giorno quasi tutti gli eventi avessero qualche biglietto ancora in vendita. Dopo dodici giorni di ore perse per film inutili, mi chiedo se sia meglio privilegiare la qualità, garantire agli spettatori un film eccellente e riempire le sale.

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