18° Far East Film Festival, 22 – 30 aprile 2016, Udine
La vertigine del kolossal
Uno dei migliori film presentati dal FEFF di quest’anno è stato sicuramente il kolossal pseudo-storico Assassination, di Choi Dong-hoon. Inserito nel contesto della produzione coreana, una delle più eclettiche, ricche, dissonanti e sorprendenti del continente, capace di passare dalla commedia grottesca alla superproduzione di largo respiro.
Ed è qui che possiamo certamente iscrivere il film di Dong-hoon: una girandola infinita di sequenze d’azione e inseguimento, duelli che alternano ralenti ad accelerazioni, giochi di specchi nel rispetto dell’ambiguità che ogni personaggio si porta dietro. Ma è prima di tutto un film sullo sguardo, a partire da quello che s’incrocia tra i personaggi in tutte le sue possibili sfumature, tra attrazione, intesa, rabbia, turbamento, tradimento. Una delle caratteristiche fondamentali della pellicola, incredibilmente intessuta di sottostorie che rendono tridimensionale la struttura narrativa dello stesso regista con Lee Ki-cheol, è proprio la sostanza ambivalente e credibilissima dei comportamenti di ogni elemento. Ambientato tra gli anni Dieci e Trenta del ‘900, all’epoca della dominazione giapponese sulla Corea, Assassination segue le gesta di un gruppo di sicari che devono rompere le trame colonialiste nipponiche. Infarcito di dialoghi taglienti colmi di humour, ricamato da un montaggio che inanella vorticose e adrenaliniche inquadrature alternate ad altrettanto credibili faccia-a-faccia e puntellato da ottimi attori con le facce adatte: semplicemente un perfetto meccanismo ad orologeria. Ricostruzioni scenografiche che non badano a spese, che siano sfarzosi interni nobili o polverosi esterni western, una cinepresa mobilissima e leggera che accoglie decine di angolature diverse per ogni scena e un disegno di luci che esalta sia i campi medio-lunghi che le zoomate sui dettagli, raccogliendo il meglio da ombre e sfondi. Numerosissimi cambi di registro e ribaltamenti di stile contribuiscono ad un girotondo emotivo che non sazia mai e dal quale mai si vorrebbe uscire, tra lotte, accordi, tradimenti, viaggi: certo, le svolte in alcuni punti sono difficili da districare nello specifico, ma nell’insieme costituiscono un tutt’uno solidissimo e omogeneo. Comunque, ciò che conta è che tanta perizia tecnica non rimane una patina superficiale, ma entra sottopelle e fa ribollire il sangue. Un’opera studiata in ogni dettaglio che non rimane una pura somma matematica di elementi, ma si amalgama, respira e riscalda; una lezione di recupero e cinefilia nel miglior senso del termine (da Leone, Woo, Spielberg, Ford). Basterebbe la lirica sequenza finale – l’antieroe colpito a morte va verso un fuoricampo prospettico barcollando di schiena – tra pulizia formale e potenza metaforica, per giustificare l’enorme bellezza di questo film.
Assassination [Amsal, Corea del Sud 2015] REGIA Choi Dong-hoon.
CAST Jun Ji-hyun, Lee Jung-jae, Ha Jung-woo, Oh Dal-soo
SCENEGGIATURA Choi Dong-hoon, Lee Ki-cheol. FOTOGRAFIA Kim Woo-hyung. MUSICHE Jang Young-gyu, Dalparan.
Azione/Spionaggio, durata 140 minuti.