35. Premio “Sergio Amidei”, 14-20 luglio 2016, Gorizia
L’odissea di Silvio è anche nostra
Dall’immediato dopoguerra agli anni del boom economico, dalla dittatura alla democrazia, da De Gasperi all’attentato a Togliatti: la vita di Silvio Magnozzi (Alberto Sordi) è un’odissea, metafora della storia italiana.
Nell’epopea di un uomo come tanti di Una vita difficile, diretto da Dino Risi e scritto da Rodolfo Sonego, c’è in controluce il dolore di un intero paese, sempre in bilico tra rassegnazione e gioia, fame e appagamento. La grande Storia travalica i confini e penetra nella piccola storia, quella di chi soffre la fame e si aggrappa a tutto per non affogare. Una vita difficile è una poesia sofferente e poco umoristica che racconta uno strappo violento, una delusione lenta e continua, mostra la frustrazione derivante da investimenti eccessivi, da grandi desideri. Silvio ha principi morali ben radicati e idee di sinistra ma non riesce ad applicarle alla realtà, modificatasi nel profondo: i potenti lo violentano, la corruzione si insinua dovunque. Prima è partigiano, poi giornalista, “in armi” sembra forte, a Roma un ragazzino mosso dall’utopia, fin troppo onesto non si piega alla corruttela. C’è sempre un cortocircuito nelle sue scelte, mentre sta perdendo tutto, sacrifica più di ciò che possiede, negandosi anche ciò che ha già. Mentre i compagni rischiano la vita, Magnozzi si rifugia tra le braccia di Elena; arrivati a Roma, Silvio scrive articoli, mentre lei muore di fame; viene condannato perché partecipa ai moti del ’48, incurante del fatto che la donna, incinta, lo preghi di cedere al compromesso. C’è una lacerazione evidente tra desiderio – di ciò che manca come dice Jacques Lacan – e ridimensionamento delle aspirazioni: riceve schiaffi in faccia da tutti, viene abbandonato, mentre continua a credere nelle proprie idee; cerca di piegarsi al mondo, ma la sua vera natura si ripresenta. Il “danno originario” di cui parla Lacan colpisce anche Silvio che aspetta una qualche soddisfazione che non arriva. Nei primi piani di Sordi c’è tutto il patimento e la sofferenza di un individuo oppresso dalla vita (metafora di questo è la sequenza di fronte alla commissione d’esame in cui è perdente), espressione diversa è quella della sequenza finale, quando si ribella al capo, gettandolo in piscina con uno schiaffo ben assestato, simbolo di cambiamento per Silvio e Elena. Dino Risi con Una vita difficile racconta il dramma malinconico di un uomo semplice e di una nazione piena di fragilità e ipocrisie, in grado di colpire nel profondo tra un sorriso e una lacrima.
Una vita difficile [Italia 1961] REGIA Dino Risi.
CAST Alberto Sordi, Lea Massari, Franco Simonini, Lina Vologhi.
SCENEGGIATURA Rodolfo Sonego. FOTOGRAFIA Leonida Barboni. MUSICHE Carlo Savina.
Drammatico, durata 118 minuti.
è forse la migliore “commedia all’italiana” in assoluto
Non lo inquadrerei fra le commedie all’italiana, sia perché affronta argomenti anche drammatici, sia perché si eleva a capolavoro assoluto, e difficilmente riescono ad arrivare a simili vette, i copioni classici della commedia all’italiana.
…una delle dai:-) Sicuramente però è un gran film!
“Primus inter pares”, diciamo
Oltre ad essere un bellissimo film “Una vita difficile” è anche una delle più belle e riuscite interpretazioni di Sordi!!!
Gran film! Tra le migliori commedie all’italiana e forse il più riuscito film di Risi insieme a “Il sorpasso”.
Film spettacolare, l’esame di architettura è una delle scene più citabili del cinema italiano.
Per un attimo ho pensato che il film terminasse con la sequenza degli sputi alle macchine, il climax della sua catabasi, e ne sono rimasto straziato. Il resto mi è sembrato più un sogno ipotetico, perché un uomo che si autodistrugge per i propri ideali non si riprende mai più e si lascia morire, come il Che in Bolivia. Mi viene da commuovermi per tanta amarezza.
Una vita difficile é un capolavoro. Certamente fra i migliori film italiani del dopoguerra. La sceneggiatura di Sonego, la regia di Risi e l’interpretazione sia di Sordi che di Lea Massari (che qui raggiunge anche il massimo del suo splendore estetico) sono tutti ai vertici dei rispettivi ruoli. Insisto nel rifiutarmi di etichettarlo fra le commedie all’italiana, non per snobismo verso di esse ma perché il film (pur nella leggerezza con cui Risi lo dipinge) é un film drammatico nella sua essenza e il grande merito di Sordi (anche se qui e la il suo macchiettismo traspare) é di mantenerlo su questo livello di drammaticitá, con una interpretazione che riscatta molte sue interpretazioni di tono minore.