Nel solco dei grandi
Il cacciatore Gracco di Martoz è un’opera immensa, dalle ambizioni smisurate: rifare Kafka con un linguaggio contemporaneo e allo stesso tempo arcaico, mettendo nel calderone mitologia, avventura, viaggi picareschi, meccanismi da favola tradizionale, scienza e navigazione web. Il tutto in un cosmo figurativo in cui regna il caos baroccheggiante di un disegno elementare e fuori controllo, ma proprio per questo esplosivo e materico.
Il cacciatore Gracco è un’opera immaginabile solo da un italiano, erede di Dante Alighieri, Teofilo Folengo, Galileo Galieli, del futurismo, di Gadda e di Jacovitti. Si può cogliere l’estrema portata delle pagine di Martoz solo se considerate in questo solco, in questo itinerario di immaginazione illimitata, che ha trascinato dentro di sé tutto e il contrario di tutto, l’alto e il basso, il classico e il triviale, l’irrefrenabile abbondanza di vitalità e l’assoluta mancanza di riverenza. Alessandro Martorelli, in arte Martoz, come i suoi predecessori, stravolge il canone con un’arte personalissima che pesca ovunque, rappresentando nel molteplice l’uomo contemporaneo, indefinito e poli-specializzato. Il punto di partenza è uno dei racconti lasciati incompiuti da Franz Kafka, uno di quei casi in cui l’abbozzo, il non-finito, sembra essere la forma perfetta, l’unica possibile, per quel contenuto. Un cacciatore distratto da un camoscio cade da una rupe e muore ma l’imbarcazione che avrebbe dovuto traghettarlo nell’altro mondo sbaglia percorso e non ritrova più la strada, ritornando a solcare i mari e le terre dei vivi per l’eternità. Martoz amplia a dismisura il racconto, non negandosi alcuna intuizione e non tralasciando nessuna delle suggestioni che le righe kafkiane donano con profusione terribile. Battaglie, sfide e conquiste riempiono la pagina; formule matematiche, chimiche e codici informatici – il ben noto errore 404 di “pagina non trovata” segnala il momento in cui la barca funeraria non trova il percorso per l’aldilà – sorprendono e accumulano livelli di significazione. Il viaggio, diviso in capitoli, è una sorta di maccheronica redenzione o riconciliazione con il mondo dei vivi, dal buio dell’incomprensione alla falsa chiarezza finale: i tempi cambiano ma l’uomo resta incomprensibile. A tale scopo la lingua usata da Gracco e interlocutori è una lingua fuori dal tempo, storpiata, piegata all’uso, esagerata, che accomuna latinismi, dialetti e scomposizioni onomatopeiche, rendendola un dispositivo espressionista, capace di scalfire ogni resistenza grammaticale. «Ho imparato abbastanza lingue nel corso dei secoli, e potrei fare da interprete fra gli antenati e i contemporanei», è così che Martoz, forse anche involontariamente, compie un’azione fondamentalmente critica e culturale eleggendo Gracco a simbolo dell’uomo, ancor più se italiano, alla ricerca di se stesso, spaventato da un passato che sempre torna, immane e scintillante, pesantissimo e accattivante.
Il cacciatore Gracco [Italia 2017]
TESTI E DISEGNI Martoz (Alessandro Martorelli).
EDITORE Fandango. COLLANA Coconino Cult.
Graphic novel, 408 pagine.