Sguardi d’autore dal vecchio continente
Nel ricco programma della 39ª edizione del Bergamo Film Meeting, che si è svolta quasi tutta in streaming su più piattaforme, accanto al concorso principale e a sezioni come “Visti da vicino” e “Kino Club” (per le scuole) spiccavano la retrospettiva dedicata all’animatrice polacca Izabela Plucińska, quella su Volker Schlöndorff, gli omaggi a Jerzy Skolimowski e Márta Mészáros, e all’interno di “Europe, Now!” due personali complete (Mia Hansen-Løve e João Nicolau). Difficile in poche righe dar conto di un’offerta così vasta, perciò ci limitiamo a commentare alcuni degli spunti che la manifestazione ci ha regalato quest’anno.
Di João Nicolau, antropologo di formazione, si era già visto al Torino Film Festival nel 2015 il secondo lungometraggio, John From. A ulteriore conferma della grande vivacità del cinema portoghese contemporaneo, il film affronta con notevole delicatezza i turbamenti di un’adolescente (l’ottima Julia Palha), che s’invaghisce di un vicino di casa, un fotografo di un bel po’ di anni più grande. Fanno tenerezza i tentativi di approccio e di seduzione da parte della ragazza. La cinepresa di Nicolau sincronizza il suo respiro sui battiti del cuore innamorato della protagonista e conserva efficacia anche nei momenti più surreali/onirici della parte finale.
Più noto al pubblico italiano il talento della parigina Mia Hansen-Løve, tra i nomi di punta del nuovo cinema francese. Se dovessimo scegliere un solo film dalla sua filmografia, senza dubbio opteremmo per Eden (2014), fusione perfetta di vita e musica – la scena elettronica d’oltralpe – come riesce solo a certi autori francesi, Assayas in primis. Lo streaming del Bergamo Film Meeting è stata l’occasione per recuperare i due corti degli esordi di Hansen-Løve: ad Après mûre réflexion (2004), un quarto d’ora di prolissità, preferiamo gli intensi tre minuti di Un pur esprit (2004) e il suo bianco e nero à la Garrel.
Tra i cinque film compresi nell’omaggio a Márta Mészáros, segnaliamo Adoption, che vinse l’Orso d’oro alla Berlinale nel 1975, convincente rappresentazione di un legame forte fra due donne di età diversa, proprio come nel meno riuscito The Two of Them (1977), appesantito da un ingombrante commento musicale, ma che ha in Marina Vlady un’interprete di sicuro valore. Per chi volesse approfondire la conoscenza della corposa filmografia della regista ungherese, su Mubi è possibile trovare anche il notevole esordio di Mészáros nel lungo di finzione, The Day Has Gone (1968): nell’impassibilità del volto della protagonista, che attraversa il film indifferente ai sentimenti, la durezza della vita nell’orfanotrofio che la regista sperimentò in prima persona.
D’impronta ugualmente autobiografica, il cinema originale e autoriale di Jerzy Skolimowski è stato omaggiato in quest’edizione del BFM attraverso una selezione di sei film, tra i quali si nota la mancanza di uno dei più grandi lungometraggi di tutto il cinema degli anni Settanta, La ragazza del bagno pubblico (1970). Ci sono, comunque, i primi, sorprendenti lungometraggi del regista polacco, con i loro magnifici piani sequenza, e il personaggio ricorrente di Andrzej Leszczyc, interpretato da Skolimowski stesso, che ritroviamo in due diverse fasi della vita in Rysopis – Segni particolari nessuno (1964) e Walkover (1965).
Infine, il Volker Schlöndorff che ci piace riscoprire e citare è quello dei primi due film: la banalità del male nel rigoroso e crudo I turbamenti del giovane Törless (1966), la svagata Anita Pallenberg di Vivi ma non uccidere (1967), con la colonna sonora del mitico Brian Jones.