La “zingarata” che non c’è
“Il bello della zingarata è proprio questo: la libertà, l’estro, il desiderio. (…) Nasce quando nasce e quando non c’è inutile insistere, non c’è più”; così il Perozzi definisce le “bischerate”, fatte con gli Amici miei – film di Monicelli, del 1975. Facciamo un gioco: chiudiamo gli occhi, riapriamoli.
Firenze A.D. 1487: Amici miei – come tutto ebbe inizio, l’ultimo film di Neri Parenti. Non è solo nostalgia ciò che ci fa dire che la pellicola è inconsistente, sbracata, volgare in ogni senso. Ovviamente il prequel mediceo non regge il paragone con il Film, la ragione prima è che quel cinema non è più replicabile: l’Italia è cambiata dalle fondamenta; le storie ritornano ma con una scrittura debole che delinea personaggi piatti e vuoti. Basta modificare il secolo, spostarsi da Firenze a Miami ed ecco un cinepanettone con tutti i crismi e personaggi (Parenti, De Laurentiis, Brizzi regista, produtore, sceneggiatore di vari “Natale da qualche parte”; la nuova coppia De Sica – Ghini).
I cinque amici “prendono sollazzo”, oziando tra peste e Savonarola, tra “del doman non v’è certezza” e le “zingarate”, fatte di nani superdotati e tiri mancini agli amici. Monicelli dipana e raccoglie le fila di tutto il film con il non sense della “supercazzola prematurata” del conte Mascetti; Parenti la “butta via” e tutto perde di significato. Non è solo una questione di “linguaggio” ma proprio di comicità, d’intento, di classe; la parlata e l’ironia fiorentine (Panariello, Ceccherini, Hendel), puntano allo “sghignazzo” sguaiato con un lessico becero e triviale, la “fisicità” greve della battuta – scevra da ogni tempo comico -, le gag trite e ritrite, le situazioni tristemente e fintamente “da ridere” sono tanto gratuite, banali da divenire insignificanti.
Placido/Panariello/Ghini/De Sica/Hendel sono solo pesci che boccheggiano in una parodia “molle” in bilico tra gesto “cattivo” e triste boutade in un’operazione presuntuosa ma che si stima “come se fosse antani”.