La versione secondo Christophe Gans
Vi ricordate Belle, la ragazza che passeggia con il libro in mano tra le vie del paesino, quella che fa impazzire l’ignorante Gaston, bicipite pompato e brutalità virile? Bene, dimenticatela.
Nessuna canzone, nessun candelabro con accento francese, nessun orologio snob. Non c’è nulla del film d’animazione (1991) della Disney nella nuova opera di Christophe Gans, La bella e la bestia con Vincent Cassel e Léa Seydoux (La vita di Adele di Abdel Kechiche), e neppure della raffinatezza della versione di Jean Cocteau (1946) – entrambe traggono ispirazione dall’opera di Madame Villeneuve (1756). Protagonista della storia è una fanciulla che si immola per il padre donandosi ad una creatura, terribile e crudele, che vive in un castello e a cui la giovane insegna ad amare. Se il regista, per varie ragioni – contesto, antefatto, personaggi − si tiene lontano dall’opera disneyana, molto complesso è farlo con quella di Jean Cocteau, e ne risulta perdente in partenza. La bella e la bestia di Gans è privo di pathos e di sceneggiatura, il regista punta tutto sull’immagine, confezionando un mondo figlio della tecnologia digitale “favoloso” ma inconsistente. Al centro del film c’è una Belle – una delle principesse più indipendenti e moderne della tradizione, è lei che salva il “mostro” − scialba e poco incisiva, mentre la Bestia passa in secondo piano: di lui resta poco, gli incontri con la moglie, le danze e le battute di caccia. Chi guarda non è reso partecipe, affascinato da una favola suggestiva e struggente, bensì è allucinata vittima di un delirio di immagini, vetri e specchi d’acqua, un avanti e indietro temporale che disorienta. Una donna racconta a dei bambini sognanti, pronti al sonno, una storia, quella di una certa Belle, figlia prediletta di un ricco mercante, a quel punto veniamo catapultati nella storia: questo gioco percorre tutto il film. Come se non bastasse gli specchi danzano in un’altalena tra passato e presente, tra prima (il principe) e dopo (la Bestia), claustrofobico gioco che stanca e non aiuta a creare empatia. Messo a confronto con la versione di Cocteau e con il cartone animato, forti da ogni punto di vista, il film di Gans dimostra tutti i suoi limiti. Primo fra tutti la mancanza di identità: le sorelle di Belle sembrano le sorellastre di Cenerentola, il castello una citazione di Edward mani di forbice. Poi, la mancanza di uno spettatore tipo: troppo avviluppato e chiuso su se stesso per i bambini, troppo semplice e ingenuo per gli adulti. Neppure i due protagonisti, la bellezza rinascimentale della Seydoux e quella virile e maschia di Cassel, possono fare molto per salvare un film che fa acqua da tutte le parti.
La bella e la bestia [La Belle et la Bête, Francia/Germania 2014] REGIA Christophe Gans.
CAST Vincent Cassel, Léa Seydoux, André Dussolier, Eduardo Noriega, Audrey Lamy.
SCENEGGIATURA Christophe Gans, Sandra Vo-Anh. FOTOGRAFIA Christophe Beaucarne. MUSICHE Pierre Adenot.
Fantastico/Sentimentale, durata 112 minuti.