Il ragazza con il fucile
Cos’è una vergine giurata? Un rito proprio della cultura di alcune regioni albanesi che seguono il codice Kanun, è una donna che decide di diventare uomo senza interventi chirurgici che ne modifichino il sesso, ma attraverso una semplice trasformazione estetica. Una fascia che nasconde i seni e taglio dei capelli, sono gli unici strumenti tramite i quali queste donne diventano uomini, che accettano inoltre di non concede la propria verginità a nessuno.
Sono persone che nascono e crescono come donne ma invecchiano come uomini, assumendone progressivamente i tratti fisionomici. La reale e lenta trasformazione di chi decide d’abbracciare un’altra identità in questo modo, è una trasformazione più forte di una qualsiasi operazione di cambio di sesso o cura ormonale. La domanda che nasce è, perché una donna dovrebbe farsi ciò? Abbandonare la propria identità femminile a favore di una maschile, e assecondare bisogni che non sente a discapito di necessità reali? In Vergine giurata vediamo Mark/Hana trasferirsi dalla sorella a Milano, abbandonando la rigida vita pastorale nel villaggio montano albanese, ci fa comprendere la sua scelta tramite un continuo intervallarsi tra presente e passato. Passato che delinea il rapporto d’affetto con la sorella, di ammirazione per il ruolo del padre e, più indirettamente, quello con la madre, oltre alla difficile convivenza con la microsocietà del villaggio, che mal vede una ragazza intenzionata a vivere imbracciando un fucile. Proprio in ciò si nasconde il fulcro del dilemma, a cui la regista esordiente Laura Bispuri nega facili risposte, quanto la scelta di Hana sia dettata dalla convenienza o dalla costrizione, quanto la decisione della ragazza sia dovuta dalla sottomissione alla rigidità identitaria culturale del posto, o quanto la fascinazione per un ruolo maschile l’abbia frenata, per lungo tempo, dalla possibilità di esprimere la propria femminilità in tutte le sue sfaccettature al di fuori di un contesto arcaicamente maschilista e patriarcale. Una risposta forse si trova nel mezzo, Hana non ha mai messo in discussione i dogmi culturali di chi nega alla donna ogni forma di equiparazione al sesso dominante, ma il processo di riappropriazione della propria femminilità, dopo il trasferimento a Milano e anche grazie al rapporto nato con la nipote, mostrano quanto la decisione di diventare una vergine giurata fosse guidata dall’accettazione sottomessa a un ruolo. Vergine giurata mostra la trasformazione di donne che solo tramite l’accettazione divengono somaticamente uomini – le due brevi apparizioni Pal ne sono esempio indelebile -, lente e ineluttabili metamorfosi che segnano epidermicamente il corpo più dell’identità mentale. Vergine giurata, dietro all’intelligenza del racconto e della violenta lentezza trasformativa del corpo, si omologa purtroppo stilisticamente al classico décupage medio autoriale fatto di camera a mano, jump cut, rarefazione ambientale e di rapporti, che rischiano superficialmente di far perdere identità a una pellicola che al contrario un’identità ce l’ha, tanto forte quanto la riaffermazione sessuale della sua protagonista.
Vergine giurata [Italia 2015] REGIA Laura Bispuri.
CAST Alba Rohrwacher, Flonja Kodheli, Lars Eidinger, Luan Jaha.
SCENEGGIATURA Laura Bispuri, Francesca Manieri. FOTOGRAFIA Vladan Radovic. MUSICHE Nando di Cosimo.
Drammatico, durata 90 minuti.