Epidemia terminale
C’è un errore di percezione che viene commesso comunemente: quello di vedere intrinsecamente, nell’ondata di produzioni sugli zombie di questi anni, una sorta di maturazione del genere. The Walking Dead nel fumetto e nella serialità televisiva, The Last of Us nei videogame e ora Contagious – Epidemia mortale al cinema.
In questo periodo la varietà nel genere è stata tra le più disparate, e non sono mancate ovviamente parodie e rivisitazioni in chiave umoristica che sostanzialmente hanno sparigliato le carte sull’inquadramento del genere, facendolo apparire storicamente poco maturo, se non in quei casi citati in precedenza che ne sono contraltare. Si tende a confondere intimità con maturità, ma di quest’ultimo aspetto il genere fin dalle sue origini (ovvero Romero) ne è stato pregno. È chiaro che ultimamente lo zombie movie venga raccontato differentemente dal più comune gore, con una narrazione che privilegia i tempi di riflessione e instabilità esistenziale dei protagonisti, l’uso metaforico della piaga, in chiave sociale e non, e spesso con un registro registico volutamente insicuro, fatto di camera a mano alla ricerca costantemente di mettere in relazione i protagonisti con l’ambiente. Sostanziosamente questa descrizione ritrae quello che Contagious è; non inganni la presenza di Arnold Schwarzenegger, padre che deve provvedere alla lenta infezione della figlia. In un mondo in cui sostanzialmente c’è un precario equilibrio con il morbo che trasforma le persone in morti viventi, nonostante sia impossibile guarirvi, la malattia si attua però in un periodo di lento disfacimento fisico che dà la possibilità alla persona infetta di vivere il tempo rimanente assieme ai propri cari. Contagious racconta il delicato rapporto di un malato terminale con le sue ultime settimane di vita, parimenti diviso nell’orrore di un padre che assiste alla morte della figlia, drammaticamente accentuato da una scelta – se esser lui stesso a porre fine all’esistenza della giovane o lasciare che siano i campi di quarantena a occuparsi della soppressione – e della progressiva decomposizione fisica della ragazza, conscia della della propria condizione di appestata. È proprio tramite questo elemento che la pellicola trascina lentamente lo spettatore nel territorio dell’horror, quasi inconsapevolmente, ritrovandosi di fronte alla brutalità di un corpo irrimediabilmente marcio, ossimorico con la giovane bellezza, privato del colore nell’iride come metafora della propria condizione umana. Contagious trova nella sensibilità di un racconto dedicato a un malato terminale la propria dimensione: pur alimentato da alcune lungaggini, nasconde l’elemento orrorifico, impressionando nel momento in cui questo torna a essere pressante con tutta la sua ferocia irrazionale. E giungendo al non banale risultato della creazione di un’empatia spettatoriale, sviluppato attraverso la paura e il dolore intimo di chi convive con un orrore fantastico.
Contagious – Epidemia mortale [Maggie, USA 2015] REGIA Henry Hobson.
CAST Arnold Schwarzenegger, Abigail Breslin, Joley Richardson, Laura Cayouette.
SCENEGGIATURA John Scott III. FOTOGRAFIA Lukas Ettlin. MUSICHE David Wingo.
Drammatico/Horror, durata 95 minuti.