Le reazioni ai cambiamenti
Vincitore dell’Orso d’Oro al 72° Festival di Berlino, Alcarràs – L’ultimo raccolto è il secondo lungometraggio scritto e diretto da Carla Simón, regista catalana classe 1986 che per realizzare questo film si è ispirata all’attività agricola del nonno e degli zii.
Ambientata nel villaggio di Alcarràs in Catalogna, l’opera racconta di una famiglia di raccoglitori di pesche che scopre che i terreni dove ha sempre lavorato non sono legalmente suoi perché non c’è alcun contratto di vendita.
Il reale proprietario vuole inoltre abbattere gli alberi per costruire dei pannelli solari, intenzione alla quale il nucleo familiare non può opporsi. Per il gruppo di agricoltori l’estate che sta trascorrendo sarà dunque l’ultima in cui poter raccogliere i frutti della terra dove ha vissuto per diverse generazioni. Anche se potenzialmente la vicenda del film contiene molti temi politici (il conflitto tra grandi aziende agricole e le famiglie contadine, le contraddizioni della transizione ecologica e della sua gestione, ecc.), l’autrice sceglie un registro intimista e quotidiano, dove le questioni pubbliche – pur presenti – sono lasciate sullo sfondo per privilegiare una narrazione corale e minimalista in cui mettere al centro lo stato psicologico dei diversi componenti del nucleo familiare. Ed è proprio nella molteplicità dei punti di vista che sta la forza del titolo in questione, che riesce a evidenziare in modo al tempo stesso profondo e delicato le reazioni emotive dei personaggi ai cambiamenti in atto: lo stress e la frustrazione del “capo famiglia”; il senso malinconico di perdita del nonno; il mix di ribellione e di solidarietà verso la figura paterna dei due figli adolescenti; l’inconsapevolezza dei bambini che giocano e si divertono in mezzo alla natura senza sapere cosa sta accadendo attorno a loro.
Tutto ciò viene portato avanti con un ritmo volutamente rilassato e con una regia attenta tanto all’intimità dei personaggi (molti i primi piani sui loro sguardi) quanto alla rappresentazione realista della quotidianità familiare, tra il duro lavoro nei frutteti, le conversazioni a tavola e fuori (spesso rivelatrici delle usanze e dei problemi della comunità), i momenti di noia davanti alla televisione e quelli di svago alla festa di paese o nelle riunioni di famiglia. Questo in un film che per andamento e narrazione ricorda il cinema di Lucrecia Martel (La ciénaga, La niña santa), mentre per ambientazioni, temi e atmosfere risulta piuttosto vicino a Le meraviglie di Alice Rohrwacher.
È dunque evidente che quello di Carla Simón non è un lavoro portatore di elementi estetici e linguistici nuovi, ma è piuttosto un titolo che elabora degli stilemi noti in modo personale ed efficace, tra ispirazione autobiografica, approccio intimista e sguardo realista.