Il sequel del terzo piano
Cosa voleva realizzare James Wan? Perché presentarsi con il sequel di quello che è stato il miglior risultato della sua carriera, per di più con una durata di ben due ore abbondanti, sa di ambizioso… o azzardato.
Chi si appresta o è andato a vedere The Conjuring – Il caso Enfield, e magari ha seguito il percorso del regista, prima di entrare in sala avrà avuto lo stesso pensiero. Il caso Enfield ha sostanzialmente lo stesso impianto narrativo del primo film, che vede protagonisti i due coniugi Warren, impegnati ad affrontare uno spirito che sta tormentando una famiglia nei sobborghi di Enfield in Inghilterra. Ma allo stesso tempo, come accadeva con Annabelle nel primo capitolo, essi stessi sono perseguitati da un demone che ha le sembianze mostruose di una suora. Già in The Conjuring questo dualismo metteva in luce tutta la fragilità e la forza di Lorraine, donna in bilico tra due mondi, e la fedele relazione con Ed, punto debole della coppia ma anche colui che la ispira alla sua vocazione. Ci sono poche variazioni ne Il caso Enfield, si perde quel discorso su ciò che più personalmente rappresenta la nostra paura per spostare l’attenzione sulla necessità di avere fede. Wan infatti – per quanto gli spiriti e i demoni siano ben visibili e udibili – racconta anche di un certo scetticismo e di come le prove dell’esistenza di un altro mondo siano sospese nell’incertezza. La possessione della piccola Janet da parte del vecchio spirito è messa in discussione, ma tutto ciò non fa di Il caso Enfield una pellicola sul valore della fede se non a parole e un po’ superficialmente. Le due ore abbondanti di film non sono giustificate dal contenuto, piuttosto sembra che Wan abbia deciso di lavorare sul tempo come macchina della suspense, nella dilatazione della stessa, non concedendo allo spettatore alcuna sosta. La regia si prende liberamente i propri tempi, rompe il succedersi del ritmo canonico di climax alternati per essere un moto tensivo costante. In un certo senso, più che la summa di una personale visione del genere, sembra di assistere a una sorta di kolossal horror, in cui i tempi dell’intrattenimento orrorifico prendono il sopravvento su tutto il resto. Per quanto questa descrizione potrebbe far esaltare qualche appassionato, è da tenere conto quanto anche questa strada azzeri ciò che in un horror non dovrebbe mai essere messo da parte: il ritmo. Le capacità del regista si mostrano sempre elevate, nell’affettuoso citazionismo per i classici anni ’70 e ’80 del genere, ma The Conjuring – Il caso Enfield – pur restando un prodotto di tutto rispetto – possiede il difetto di portare tutto alla brandizzazione, che di fatto spersonalizza la storia. Una pellicola non più figlia di se stessa ma di ciò che è venuto prima, di qualità più elevata… e anche più paurosa, forse perché inconsapevole di essere la vera opera summa del suo autore.
The Conjuring – Il caso Enfield [The Conjuring 2: The Enfield Poltergeist, USA 2016] REGIA James Wan.
CAST Vera Farmiga, Ryan Patrick Wilson, Madison Wolfe, Frances O’Connor.
SCENEGGIATURA James Wan, Carey Hayes, Chad Hayes, David Johnson. FOTOGRAFIA Don Burgess. MUSICHE Joseph Bishara.
Horror, durata 134 minuti.