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Il male non esiste

sabato 19 Marzo, 2022 | di Emanuele Rauco
Il male non esiste
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In quattro episodi a tema, Il male non esiste attua una profonda riflessione su morte e morale che parte dall’Iran ma parla alla parte attiva e vigile degli spettatori

Una mattina, ci siam svegliati

Il male non esiste è la traduzione letterale di There Is No Evil, titolo internazionale dato al film di Mohammad Rasoulof. Quello originale in persiano, invece, significa ‘Satana non esiste’ e per il regime iraniano è un’affermazione pesantissima, perché è come negare uno dei principi su cui quel potere religioso è costruito. E infatti, come era facile immaginare, il film è stato bandito così come il suo regista che, in passato, ha dovuto lavorare sotto pseudonimi e prestanome, con mezzi più o meno improvvisati.

Il film, infatti, prende di petto proprio uno dei gangli del potere repressivo in Iran, la pena di morte, raccontata attraverso quattro storie in cui protagonisti non sono i condannati, ma gli esecutori, i poliziotti.

Il male non esiste

Quattro mediometraggi uniti da questo filo rosso che però non si limitano solo alle variazioni sul tema, Rasoulof (anche autore della sceneggiatura) infatti amplia il discorso a una questione etica legata al valore civico della disobbedienza per fare un affresco dell’Iran contemporaneo, ricordando un po’ – con tutte le dovute differenze – il lavoro che in Cina fa Jia Zhang-ke.

I quattro episodi (Il male non esiste, Lei ha detto: lo puoi fare, Compleanno, Baciami) scelgono la varietà per dare uno sguardo sempre più ampio e complesso alle situazioni trattate, con una struttura che potremmo definire a estuario, che parte dallo stretto e si allarga nel racconto, nei contesti, nei luoghi: il primo episodio segue con ostinato puntiglio la vita comune di un uomo di cui l’ultimo stacco di montaggio rivela la natura, sempre in casa o tra quattro mura, con la macchina da presa che non si sposta mai da lui, tenendolo fisso al centro dell’inquadratura; il secondo racconta di un’evasione verso la campagna suggellata dalla versione mondina di Bella ciao e così via in un senso di apertura spaziale che è anche, nemmeno troppo velatamente, un percorso di fuga e ritorno, tra le aree urbane e quelle rurali, tra le anime di una nazione, incarnate dai boschi del terzo episodio e dalle campagne appena fuori città del quarto.

L’anima dell’Iran però è anche nel suo cinema e se Il male non esiste è un ricognizione etica sul rapporto tra persona e istituzione, un quadro politico a partire dal gesto più politico che esista, il rifiuto di un ordine, si deve anche al fatto che Rasoulof sembra – più o meno consapevolmente – raccontare anche la storia del cinema del suo paese, come a farne un compendio, dal neorealismo anni ’70 che rivelò al mondo la sua cinematografia, passando per i corpus “teorici” di Makhmalbaf e Kiarostami fino al recente cinema borghese di Farhadi, col suo gusto del racconto e della sorpresa. Gli strati di cui l’opera è composta giustificano la durata e nonostante le questioni produttive influenzino la riuscita di tutti gli episodi, il denso sguardo filmico e politico del regista rendono lecito l’Orso d’oro assegnatogli alla Berlinale 2020. Un Orso che però non è riuscito a togliere il paraocchi al regime iraniano, sempre convinto che Satana sia in agguato, mentre invece a volte basterebbe uno specchio per snidarlo.

  • Il male non esiste [Sheytan vojud nadarad, Iran, 2020]
  • REGIA Mohamad Rasoulof
  • CAST Ehsan Mirhosseini, Shaghayegh Shoorian, Kaveh Ahangar, Alireza Zareparast
  • SCENEGGIATURA Mohamad Rasoulof
  • FOTOGRAFIA Ashkan Ashkani 
  • MUSICHE Amir Molookpour
  • MONTAGGIO Mohammadreza Muini, Meysam Muini
  • Drammatico, durata 150 minuti

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