La commedia abbozzata
In un paese della Francia si deve giudicare in corte d’assise il caso di un padre accusato dell’omicidio della figlia. A presiedere il processo vi sarà Xavier Racine (Luchini), giudice temuto per la sua severità, mentre tra i membri della giuria è stata estratta anche Birgit Lorensen-Coteret (Knudsen), dottoressa di origine danese della quale Racine è segretamente innamorato.
La corte di Christian Vincent è stato uno dei film più apprezzati in concorso nella 72a Mostra del Cinema di Venezia, tanto da aver vinto ben due premi: la Coppa Volpi per la Migliore Interpretazione Maschile a Fabrice Luchini e l’Osella per la Migliore Sceneggiatura. Il riconoscimento andato a Luchini è indubbiamente meritato, in quanto l’attore francese dà vita a una performance che riesce a trasmettere in modo velato ma incisivo tutte le sfumature di Racine, personaggio tanto rigido durante l’esercizio della professione quanto timido e impacciato di fronte a Birgit, ma costantemente pervaso da una certa schiettezza e da un po’ di cinismo. Dal canto suo, lo script è indubbiamente brillante, ricco di dialoghi corposi e vivaci, che riescono comunque a trasmettere l’impressione di assoluta naturalezza e spontaneità. Ma nonostante ciò, la sceneggiatura non è esente da difetti, in primis quello di voler inserire molti – troppi – elementi senza svilupparli appieno. Questo a cominciare dalla struttura generale, che intende unire il film giudiziario alla commedia sentimentale, riuscendoci solo in parte: l’incrocio tra il racconto del processo e quello della storia d’amore sembra a tratti forzato, con il primo realizzato nettamente meglio del secondo. Se l’esposizione dei procedimenti giudiziari con i loro aspetti teatrali e umani al tempo stesso è già vista ma comunque sottile e scorrevole, la narrazione delle evoluzioni emotive dei protagonisti risulta vaga e a tratti dispersiva. Inoltre, Vincent si propone, attraverso la varietà dei personaggi rappresentati (dai giurati ai testimoni fino all’imputato), di creare un ritratto della Francia contemporanea, fortemente multiculturale (l’emigrato musulmano, la francese di origine italiana, la dottoressa danese), ma nettamente divisa in classi sociali. E anche se ciò viene descritto con naturalezza e veridicità, si ha l’impressione che sia tutto soltanto tracciato, mostrato ma non abbastanza legato e approfondito. Qui ogni idea sembra fare storia a sé, in un’opera che richiederebbe invece maggiore omogeneità. La corte è così un film composto da tanti spunti, schizzi e abbozzi che rimangono tali anche perché slegati; un lavoro sicuramente gradevole per interpretazioni e (apparente) spontaneità, ma dalla sceneggiatura troppo ricca di buone intenzioni non portate fino in fondo.
La corte [L’hermine, Francia 2015] REGIA Christian Vincent.
CAST Fabrice Luchini, Sidse Babett Knudsen, Chloé Berthier, Emmanuel Rausenberger.
SCENEGGIATURA Christian Vincent. FOTOGRAFIA Laurent Dailland. MUSICHE Alain Laurenson.
Commedia, durata 98 minuti.