Mysterium tremendum
Ciò che colpisce maggiormente nella rivoluzionaria, sulfurea e roboante opera di Matteo Rovere è il realismo della scena, l’incredibile capacità di dare un senso al mitologema attraverso una rappresentazione visiva che moltiplica ed enfatizza l’effetto truce e brutale del mito fondativo per antonomasia.
Filologicamente appropriato e ben calato nella trasfigurazione mitologica fin dalla scelta di usare il proto-latino con sottotitoli in italiano, Il primo Re ricrea un universo leggendario crudele ed efferato, inselvatichito dalla visione etnologica spoglia e dall’incubo muscolare all’origine dello scontro fratricida per la fondazione di Roma. Tutto è carne, sangue, muscoli lucidi e contorsioni nervose, fango dappertutto, materia cerebrale sparsa, trasparenze mistiche, riti pagani e culti ancestrali, foreste nere dalle quali si immaginano fuoriuscire demoni arcani. E intorno è completamente silenzio naturalistico o frastuono sonoro à la Mad Max, intervallato qua e là da un arcaismo linguistico che mantiene la pronuncia velare e non palatale della c e della g; tutto vero, quindi, o almeno la cristallina illusione pagana di Rovere ce lo fa credere totalmente, immergendoci in un cerimoniale sacro nel quale si cela il significato primigenio di politica.
Un tumulto incandescente che ammicca a Valhalla Rising per il totale congelamento emotivo della scena e che ad alcuni farà pensare alla versione intellettualmente colta di 300. In realtà, nel film di Matteo Rovere scorre una tensione strisciante nonostante le inquadrature siano spesso quadri mitologici in sospensione magica, ipnotici fino all’inverosimile. Dal film promana l’essenza stessa dell’uomo pius e il delirio del folle senza Dio, l’ossessione devozionale e in generale quella che Cicerone nel De Natura Deorum definiva “la giustizia verso gli dei”. Tra pietas e religio Rovere fa scatenare un inferno terracqueo che rielabora in modo coraggioso e fuori dagli schemi il modello cinematografico del peplum, inscenando uno scontro senza esclusione di colpi che oppone sacro e profano. Del resto l’incontro dell’uomo con la sfera della religione organizzata ha da sempre generato l’horror, cioè quello spavento religioso che faceva arretrare il mortale di fronte all’avanzata della potenza divina. Nelle battaglie, negli scontri che gli uomini combattono come fiere fameliche, risuona tonante il sonoro e, intorno, lo spazio dei luoghi fuori dal tempo storico domina su tutto, splendidamente illuminato da Daniele Ciprì che trafigge lo spettatore con lame di luce in uno scenario da cartolina ancestrale. Uno spettacolo dentro lo spettacolo che apre un nuovo orizzonte – anzi, un potente squarcio – nell’addomesticato e fin troppo prevedibile panorama del cinema di genere italiano.
Il primo Re [id., Italia/Belgio 2019] REGIA Matteo Rovere.
CAST Alessandro Borghi, Alessio Lapice, Fabrizio Rongione, Massimiliano Rossi, Tania Garribba.
SCENEGGIATURA Filippo Gravino, Francesca Manieri, Matteo Rovere. FOTOGRAFIA Daniele Ciprì, Giuseppe Maio. MUSICHE Andrea Farri.
Drammatico, durata 127 minuti.